UN OMAGGIO ALLA SETTIMA ARTE

Tra pittura, musica e poesia, anche il cinema, definito, come il titolo suggerisce, “settima arte”, si ritaglia uno spazio da protagonista tra le forme di espressione artistica della nostra civiltà e possiamo azzardare che ad oggi sia forse quella più completa, perché riunisce in essa tutte le altre arti, facendo viaggiare musica, immagini e parole a braccetto, con l’unico intento di evocare in noi un sentimento, di suscitare in noi delle emozioni.

Il 2022 ci ha regalato pellicole meritevoli di essere viste in sala, tra commedie dai temi profondi come Gli Spiriti dell’Isola, o action movie dagli effetti speciali strabilianti come Avatar: la via dell’acqua e, perché no, persino un’appassionante love story tra cannibali (Bones and All).

Tra tutte, però, quella che si è guadagnata maggiormente l’encomio di pubblico e critica è il capolavoro autobiografico di Steven Spielberg: The Fabelmans.

Si tratta del suo lavoro più personale, intimo, con il quale trasmette il suo incondizionato amore per il cinema, senza sfociare nella retorica o in clichè che avrebbero stonato con l’intento originale del film.

La storia segue un copione apparentemente banale e, ai meno attenti, potrebbe anche suonare come un “drammone” familiare visto e rivisto, ma sarebbe da sciocchi non coglierne l’aspetto poetico, romantico: l’innamoramento di un timido ragazzo ebreo con una situazione familiare tutt’altro che idilliaca. Ma non per una ragazza. Per l’arte, per il cinema.

Spielberg ci mostra come a volte basti una cinepresa e la curiosità di un bambino per dare vita a un sogno, e l’emblema di questo concetto è incarnato alla perfezione dall’immagine del piccolo Sammy che guarda il suo cortometraggio sullo schianto del treno giocattolo rannicchiato nella sua stanzetta, al buio, con le mani raccolte che fungono da schermo.

Con Spielberg in grande spolvero alla regia e messo in scena attraverso performance attoriali esemplari da parte del cast (su tutti Michelle Williams nei panni della madre di Sammy), The Fablemans è la prova vivente del fatto che il cinema non solo non è morto, al contrario, è più vivo che mai.

L’arte può mutare la propria forma, ma non può cessare di esistere.