L’infinito. Un senso di profonda bellezza inappagabile avvolge il nostro sguardo nell’attimo in cui vi si staglia la maestosità della natura. Noi Uomini ne siamo inevitabilmente attratti e questo, forse, è qualcosa che ci spaventa ancora di più.
L’infinito era ciò che Ivan Konstantinovič Ajvazovskij voleva racchiudere nei suoi dipinti.
Nato a Feodosiia nel 1817, fu uno dei massimi esponenti del Romanticismo russo, un artista vagabondo, dallo spirito intraprendente, capace di interpretare con grande originalità il concetto del sublime.
Fu la passione per sua maestà il Mare a guidarlo lungo il corso della sua vita, diventando il soggetto principale di quasi tutte le sue opere: quale miglior interprete del sublime, se non una massa d’acqua senza origine né fine?
L’opera più famosa di questo brillante artista è senz’altro “La Nona Onda” (Девятый вал), realizzato nel 1850 attraverso la tecnica ad olio su tela. Il dipinto ritrae sei naufraghi che, in balia di una tempesta nel bel mezzo dell’oceano, si dimenano cercando aiuto tra la spuma salata, aggrappandosi disperatamente a ciò che rimane dell’albero di un veliero. Essi attendono sconsolati la “nona onda”, quella che, secondo un’antica tradizione marina, era considerata la più devastante di una serie che cominciava con onde innocue per aumentare via via sempre di più in tutta la loro potenza distruttiva.
La tela racconta tutto l’orrore di una natura sfrenata e indomabile, talmente energica nelle sue manifestazioni da essere in grado di annichilire l’uomo rendendolo consapevole di tutta la sua impotenza. Se da un lato traspare la celebrazione del suo dominio, dall’altro l’artista crea un’atmosfera che risulta in netta contrapposizione con la tragicità dell’evento. I toni caldi del cielo (giallo, rosa, arancione), infatti, fanno percepire agli occhi dell’osservatore una sensazione di pacata dolcezza, quasi come stesse ammirando un romantico tramonto.
È proprio grazie a questo espediente, oltre che all’uso di cromie chiare di azzurri, viola e verdi per le onde del mare, che Ajvazovskij rappresenta alla perfezione il concetto di sublime, per cui la natura non è solo fonte di turbamento, ma anche un qualcosa di inspiegabilmente spettacolare, una pura meraviglia che appaga i nostri sensi e ci lascia senza parole.