Finalmente ero davanti ai cancelli che segnavano l’inizio del viale cipressato che portava alla villa.
Suonai il citofono della famiglia Bergamelli e dopo essermi presentato, una voce rauca mi acconsentì l’accesso.
Un cigolio mi segnalò l’apertura dei grandi cancelli e io continuai a camminare fino al portone della villa.
Bussai alla porta e una donna vestita da governante mi apri, invitandomi ad entrare ed a seguirla attraverso la magione. Camminammo per grandi stanze, riccamente decorate con numerose collezioni di oggetti tra i quali anche armi da fuoco. Una volta finito il nostro percorso arrivammo ad un piccolo salotto non meno abbellito degli altri, con diverse sedie eleganti lungo la parete e un grande tavolo di vetro rotondo nel mezzo.
La governante mi fece accomodare su una delle sedie e mi disse che il Conte mi avrebbe ricevuto presto nel suo ufficio qui accanto; poi scomparve dietro alla porta dalla quale eravamo provenuti.
Quindi, quella era la ricchezza degli odierni feudatari? Per essere un amicone del popolo non ostentava sicuramente di sfoggiare la sua ricchezza.
Mentre facevo questi pensieri un uomo sulla trentina entrò nella stanza dove mi trovavo, provenendo dalla porta dell’ufficio del conte.
Mi squadrò per qualche secondo e poi si avvicinò per stringermi la mano.
“Commissario è un piacere incontrarla finalmente, sono Giuseppe Bergamelli, il secondo figlio del Conte.”
“Il piacere è tutto mio… vede, devo parlare urgentemente con suo padre per una certa questione.”
“Spero nulla di grave, mio padre è un uomo molto rispettato qui a Bergamo, da ogni classe sociale.”
“Ne sono al corrente, la sua fama viaggia più in fretta delle sue azioni, ma temo che questa volta la sua popolarità non potrà parlare per lui.”
Il mio interlocutore mi lanciò uno sguardo di curiosità unita a fastidio e poi riprese cambiando discorso:
“Lei non lavora qui da molto, vero? Si vede che non è tanto informato su come funzionano le cose…”
“Ha ragione, sono dieci mesi esatti di servizio…ma ha anche torto, difatti conosco benissimo la frammentata situazione politica di questa città .
Deve anche sapere che ho avuto qualche settimana di tempo per studiare le leggi in rigore qui e potrei sicuramente trovare qualche buco nel sistema di sfruttamento della popolazione locale, impiegato dalla sua famiglia, sufficiente per farle passare fredde notti accompagnato dai ratti in una piccola cella a Bergamo.”
Lui mi fissò con uno sguardo misto di terrore e stupore. Poco dopo una voce da dietro la porta mi avvisò di poter entrare e io lo feci, lasciando il mio vecchio interlocutore a bocca aperta dietro di me.
Il Conte era vestito elegantemente ed era seduto ad una grande scrivania nel suo piccolo ufficio. Mi sedetti di fronte a lui e cominciai:
“Signor conte, non le ruberò tanto del suo prezioso tempo, volevo solo farle qualche domanda molto importante a proposito di un fatto avvenuto oggi.”
“Certamente, mi dica.”
“Lei conosce un certo Giorgio Suardi?”
“Certamente, è un mio caro amico, un bravo ragazzo, sĂ , con le sue ultime rifor…”
“Va benissimo signor conte, per caso conosce anche la moglie?”
“Si qualche volta li ho invitati qui per cena, un’ottima coppia.”
“Ottimo e per caso sa dirmi quanto guadagna?”
“Non saprei rispondere con precisione, però posso dirle che quelli del comune lo pagano molto molto poco per il suo lavoro.
Se gli interessa così tanto conoscerlo, presto sarĂ mio ospite per pranzo e se vuole glielo posso presentare.”
“SarĂ molto difficile Signor Conte, Giorgio Suardi è deceduto questa mattina in cittĂ alta.”
“Ma è terribile.”
“E la Signora Suardi è stata rapita poco dopo.”
“Ma questa è un’incredibile disgrazia! Che Dio li aiuti.”
“Sono d’accordo Signor Conte, ora però devo tornare in questura perchĂ© ho ancora molto lavoro da sbrigare.”
“Ma come? Ha giĂ finito?”
“Sì signor Conte, suo figlio è giĂ stato talmente educato da darmi le informazioni che necessito, la saluto.”
Con quelle ultime parole mi accinsi ad abbandonare la grande villa, contento di aver ottenuto ciò che speravo.