LA FORMA DEL FUMO 2

Terminato di esaminare attentamente la stanza, iniziava a comporsi uno schema anche se ancora frammentato: “Probabilmente è stata una pistola a inferire la letale ferita. Nel mio passato da militare ho visto tanti buchi nel cranio come quello e di sicuro a farlo non è stata un’arma ritrovabile comunemente nel regno.

Quindi è di origine straniera, cosa che riduce notevolmente la cerchia dei sospettati.

Diverse sono le persone alle quali la sua scomparsa avrebbe fatto piacere, soprattutto considerate le sue idee progressiste e capitaliste, sarebbe dura interrogarle tutte. Gli indizi suggeriscono che la vittima si fosse sporta appena dalla finestra prima del colpo letale. La presenza delle macchie di sangue conferma questa visione, anche se alcune piccole pozze del rosso liquido appaiono in posizioni anomale.

Poi c’era la questione dei quattro sigari, probabilmente attendeva o era atteso da qualcuno.

Il sigaro fumato apparteneva all’uomo, visto la presenza di cenere sulla giacca del cadavere.

La polvere sul terreno suggerisce poi, la presenza di un’altra figura oltre alla vittima, resta solo da capire chi.”

Mentre continuavo a perdermi nei miei pensieri, non mi accorsi di aver trascorso giĂ  un’ora chiuso lì dentro, ma fui destato improvvisamente dal rumore di passi veloci sulle scale e appena la fonte di quel rumore raggiunse la porta, capii che si trattava del vice commissario Locatelli. Iniziò a parlare in maniera affannosa: “Ho fatto quello che mi aveva chiesto commissario.” 

“Ottimo, ma mi conceda di farle notare che non è necessario che si sfinisca ogni volta che deve riferirmi qualcosa, non abbiamo fretta, il morto di sicuro non scappa.” 

“Magari il morto no, ma i rapitori si”, mi voltai verso di lui con espressione torva.

“Cosa intende?”

“Avevo appena finito di interrogare la vedova Suardi e mi trovavo alla fine della via alla Rocca assieme al sottufficiale Rota, quando ho sentito dietro di noi l’urlo di una donna. Ci siamo subito fatti di nuovo strada fra la folla di gente ma quando siamo arrivati al luogo dal quale l’urlo proveniva, la casa della vedova, abbiamo intravisto qualcuno che la stava portando via. Con tutta la gente che c’era è stato impossibile inseguire i rapitori, che sono fuggiti per dei vicoletti.”

“Questa non ci voleva, un rapimento ed un omicidio nel giro di poche ore.

Cosa ti ha detto la povera donna?”, “Le riassumo tutto: suo marito aveva molti piĂą nemici che amici e spesso rientrava tardi dal lavoro accompagnato da colleghi e, chiusi nel grande ufficio, discutevano anche violentemente fino a tarda notte. Non ha notato nulla di particolare, fino all’ultima settimana, quando suo marito ha iniziato a rinchiudersi nell’ufficio, solo, a riflettere e, soprattutto, ha praticamente smesso di parlarle .”

“Capisco… se non mi sbaglio hai parlato di pochi amici, giusto? Chi?” “La vedova ne sapeva solo uno, un amico fidato del Suardi, un certo Franco Bergamelli, conosciuto anche come il Buon Conte. Abita in una grande villa non lontano dalla cittĂ .”, “Ottimo, dica al Rota di gestire lui qui, mi servono le foto e il proiettile sulla mia scrivania in questura. Lei invece si rechi a preparare il rapporto del caso.” Il Locatelli allora replicò: “Devo avvisare i parenti stretti del Suardi?”, “Non sarĂ  necessario, le voci viaggiano piĂą velocemente di quanto ci si aspetti, lo so per esperienza.

Io andrò a scambiare due chiacchiere con il Signor Bergamelli.” 

Uscimmo dall’edificio e ci separammo, poi io corsi a cercare un tassista, un mestiere diffuso in Italia solo da qualche anno.

Dopo un breve ma intenso viaggio per le sconnesse strade, mi trovavo finalmente davanti al grande cancello che segnava l’inizio del viale cipressato che portava alla grande villa.