Al GP del Messico è successo qualcosa di molto strano, ovvero che sul rettilineo principale le vetture raggiungevano velocità prossime a quelle raggiunte sul circuito di Monza, e la stranezza si fa evidente quando paragoniamo l’ala posteriore delle monoposto sui due circuiti: a Monza un’ala tagliata con valori molto bassi di resistenza aerodinamica e di deportanza per essere il più veloci possibile sul dritto, e in Messico un’ala molto grande con alta incidenza e inarcamento alare, quasi fosse un paracadute sul posteriore che genera molta deportanza e molto drag. Anche analizzando i dati c’è qualcosa di strano: un giro a Monza si fa per l’86% del tempo con il piede giù fino all’asfalto, il livello di resistenza aerodinamica è bassissimo e la velocità di punta è di 356 km/h, molto vicina a quella in Messico (347 km/h); eppure in Messico solo il 66% del giro si fa in full throttle e la resistenza aerodinamica ha valori molto alti: com’è possibile allora che le vetture raggiungano velocità di punta molto simili?
La risposta sta nell’altitudine: in Messico ci troviamo 2000 metri più in alto di Monza, la densità e la pressione dell’aria sono estremamente ridotte: questo significa che le ali e in generale tutto l’apparato aerodinamico delle vetture funzionano in modo completamente diverso sui due circuiti.
Proprio per queste caratteristiche dell’aria diventa difficile anche gestire i sistemi di raffreddamento, in quanto non funzionano al massimo delle loro capacità , così che freni e power unit tendono a surriscaldarsi: per questo motivo Ferrari, che dall’inizio dell’anno soffre di problemi di affidabilità al motore, ha dovuto limitare la potenza erogata dal turbo con una mappatura conservativa che non le ha permesso di raggiungere alte velocità di punta; probabilmente complice di ciò è che Ferrari non riesce a mandare molta aria nel cofano motore per raffreddare il turbo che, di conseguenza, si surriscalda facilmente.
Speriamo che la storia non si ripeta ad Interlagos: gli 800 m di altitudine non sono di certo paragonabili ai 2200 del Messico, ma sono lo stesso influenti sulla potenza dei motori e sulla resa delle superfici alari.