Ron Howard dirige un ineccepibile Russel Crowe, fresco di premio oscar come miglior attore per Il
Gladiatore dell’anno precedente, che interpreta il brillante matematico statunitense Jhon Forbes
Nash jr, in una pellicola che viaggia sul sottile filo divisorio tra reale e surreale, tra realtĂ e
immaginazione.
Fin dal primo atto ci ritroviamo immersi nella mente di Nash, vediamo ciò che vede lui, attraverso i
suoi occhi: una realtà filtrata e soggettiva negli Usa degli anni ’50 e ’60.
In un primo momento la trama sembra lineare, la storia procede indisturbata, con Nash che viene
ingaggiato dal Dipartimento della Difesa con l’incarico di decifrare dei codici criptati di
comunicazione sovietica, e l’impressione è quella di trovarsi di fronte all’ennesima storia di trionfo
americano: all’eroe viene assegnata la sua missione e dopo un periodo di immense fatiche e
strenua ricerca, alla fine porterĂ a termine la sua quĂŞte.
Al contrario, la maestria registica di Ron Howard capovolge le aspettative del pubblico,
nebulizzando ogni certezza costruita fino a quel momento. Subentra l’intricata ragnatela della
psiche umana e assistiamo allo sfaldamento della realtĂ che ci circonda attraverso gli stessi occhi,
quelli di Nash, che fino ad ora ci avevano mostrato un quadro tutt’altro che astratto.
Nulla è come appare, iniziamo a dubitare di tutto, di ogni persona, anche dell’onestà intellettuale
dell’amorevole Alicia, moglie del protagonista.
Dubitiamo persino della sua esistenza.
Attraverso l’immaginario surreale e confuso della mente del matematico, Ron Howard ripercorre
la vita di Jhon Nash, dalla sua tesi di ammissione a Princeton fino al premio Nobel conseguito nel
1994, in un film tra i piĂą acclamati degli ultimi decenni.