Lo scorso 25 settembre il 64% degli aventi diritto s’è recato alle urne: numeri mai così bassi nella storia repubblicana. Il risultato è stato chiaro, consegnando la maggioranza all’alleanza di centrodestra con una schiacciante vittoria di Fratelli d’Italia (con il 26% dei voti). La Lega crolla all’8%, complice il travaso di consensi nel partito alleato: la leadership di Matteo Salvini vacilla ma non cede. La sinistra è costretta ad inghiottire un amaro 19 %: Letta riconosce la sconfitta, fa mea culpa e invoca un pio esame di coscienza, annunciando una durissima opposizione. Nel frattempo le regioni del Sud hanno premiato il Reddito di Cittadinanza: i cinquestelle sfregano le mani e Conte può dirsi ben soddisfatto del 15%, scampando al disastro annunciato. La coppia Calenda-Renzi invece non decolla come sperato, fermandosi sotto il 10%.
Ma la palma della vittoria, come già detto, spetta a Giorgia Meloni che gongola soddisfattissima. Fratelli d’Italia ha raggiunto il culmine della propria ascesa politica e Meloni preme fin da subito per la formazione del nuovo esecutivo. Vengono eletti, non senza difficoltà , i presidenti della Camera e del Senato: rispettivamente l’ultracattolico Fontana e il mussoliniano La Russa. Meno di un mese più tardi, Draghi consegna la storica campanella alla prima premier donna del Paese: il Governo Meloni sfila per il giuramento di fronte al presidente Mattarella.
L’esito forse era scontato, ma non troppo… Già , perché a far tremare la coalizione di centrodestra ci aveva pensato a suo modo il buon vecchio Silvio: prima con uno stizzito vaffan*** a La Russa in Parlamento, poi con gli elogiativi appunti su Meloni esibiti a favor di telecamera e quindi con il resoconto degli affettuosi scambi di vodka, lambrusco e dolcissime lettere con l’amico di sempre, il buon Vladimir. Ma la smania di protagonismo del Cavaliere, messo in riga da Meloni, ha vita breve.
Così, la leader di Fratelli d’Italia impone con fermezza la sua linea, cercando di istituzionalizzare il più possibile il proprio partito e Mattarella, intanto, osservando dal Colle l’andirivieni di premier e politici, forse non può che prender atto di quella costante e imprevedibile altalena politica che è l’Italia.